Vi sono casi umani nei quali è difficile distinguere fra arroganza e stupidità, tanto queste vi si rinvengono ben miscelate.
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Una delle scene pubbliche più incredibili alla quale possa capitare di assistere ha avuto luogo presso la Casa Bianca, a Washington, il 7 febbraio 2022.
Allora, le relazioni diplomatiche fra Usa e Russia erano già precipitate a un livello che non si vedeva dai tempi della Guerra Fredda.
L’Ucraina aveva, nel 2019, deciso di scrivere nella propria costituzione l’impegno a entrare nell’Alleanza militare occidentale, la NATO. Gli Usa e il Paese ex sovietico avevano rapporti operativi militari sempre più prossimi e l’ex attore comico divenuto Presidente, Volodymyr Zelensky, dichiarava l’intenzione di rioccupare la Crimea. (Peggio che mai, nel 2021, la NATO effettuava esercitazioni militari di vasta scala nelle acque del Mar Nero).
Tutti gli ingredienti per una guerra calda fra Ucraina/NATO e Russia erano al loro posto. Era sufficiente accendere la miccia. L’innesco è puntualmente arrivato, quando gli Usa e la NATO hanno sprezzantemente ignorato gli inviti di Putin rivolti a un accomodamento negoziale sulla questione della neutralità del Paese di Zelensky.
Per cospargere di sale le ferite, il Presidente Joe Biden quel giorno – quasi che, non a caso, se lo aspettasse da un momento all’altro – ha detto alla stampa che se Putin avesse invaso l’Ucraina non ci sarebbe più stato il gasdotto Nord Stream 2. (1)
Alla conferenza stampa era presente il Cancelliere tedesco, Olaf Scholz, ma questi, seppure si trovasse davanti all’evidenza che il proposito di Biden avrebbe primariamente danneggiato la Germania, incredibilmente non ha avuto nulla da eccepire. (2)
Il gasdotto è costato 9,5 miliardi di dollari. È stato finanziato per metà dalla russa Gazprom e, per la parte restante, da diverse compagnie europee, fra cui due tedesche. (Uniper, Wintershall Dea, OMV, Engie, Shell). È stato completato nel settembre del 2021. Come il Nord Stream 1, se fosse entrato in funzione avrebbe collegato direttamente Russia e Germania.
Gli Stati Uniti hanno sempre manifestato malumore riguardo al rapporto di approvvigionamento energetico fra i Paesi europei e la Russia. La costruzione del Nord Stream 2, in particolare, è stata costantemente accompagnata da un braccio di ferro relativo al regime di sanzioni che, a varie riprese, gli USA hanno approvato per ostacolare il progetto.
Lo stesso Scholz, nel 2017, da Ministro delle Finanze aveva sostenuto che la politica energetica europea è una questione che riguarda i Paese europei, non gli USA.
Effettivamente, poi, il 26 settembre 2022 le autorità danesi e svedesi hanno denunciato l’avvenimento di quattro esplosioni nel Mar Baltico. Le esplosioni hanno seriamente danneggiato i gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2, provocando ingenti perdite di gas.
È avvenuta, di fatto, la tanto agognata ‘separazione’ fra i flussi di materie prime energetiche di produzione russa e l’industria europea. (Perlomeno, ciò che ne resta). Una recisione della ‘dipendenza energetica’ degli europei che, indubbiamente, avvantaggia gli Stati Uniti e colpisce duramente il Vecchio Continente. Soprattutto la Germania, che ha infatti accusato un serio aggravamento della sua condizione economica.
Tutto questo per sanzionare Mosca, confidando in un crollo del Paese russo e nella deposizione di Putin ‘a furor di popolo’.
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Anche in Italia, la classe politica si è schierata senza fiatare con le scelte statunitensi riguardanti l’Ucraina. Non un solo sibilo di dubbio o di scetticismo si è levato circa le conseguenze che dalla scelta bellicista ‘per procura’ potevano derivare.
I mezzi di comunicazione che occupano la scena mediatica si sono lanciati senza alcuno spirito critico in una violenta campagna antirussa. Non una sola parola di analisi sulle cause della guerra.
I vari Sattanino, Riotta, Mieli, Polito, Cappellini, Severgnini, Folli, Grasso, Sarzanini, Guerzoni, Iacoboni e gli altri atlantisti nostrani davano per scontato – subito dopo l’invasione – che Putin avesse ‘perso la guerra’. (Lo si sentiva in ogni canale televisivo).
Ebbri della superiorità della NATO e dell’occidente, erano così infoiati da non fare altro che ripeterlo . Questo perché, secondo loro, la Russia non aveva avuto successo nella sottomissione e occupazione dell’intera Ucraina nel giro di una settimana. Quindi, Putin era debole e l’Ucraina, in cui Zelensky era eroicamente rimasto al suo posto a Kiev, andava glorificata. I santi principi che rappresentava andavano celebrati a ogni piè sospinto.
Se soltanto avessero prestato un minimo di attenzione ai fatti…
Putin non voleva l’occupazione dell’intera Ucraina. D’altronde, un paese talmente esteso non si invade con una forza militare dalla consistenza così risicata – circa 190000 unità – come quella messa sul terreno dai comandi militari russi nei primi giorni di guerra.
Le prove? Le trattative iniziate e intavolate fra Russia e Ucraina subito dopo il 24 febbraio 2022.
Caratteristiche di quei tavoli negoziali è che l’Ucraina – fra l’altro insicura della ‘fedeltà’ della NATO – era allora disposta a riconoscere i problemi in gioco e gli interessi russi.
Quelli veri, non quelli raccontatici dalla nostra instancabile propaganda.
Per ben tre volte subito dopo l’attacco russo – in Bielorussia, poi con la mediazione dell’allora Primo Ministro israeliano Bennet, poi in Turchia – il governo russo ha cercato di ottenere lo stesso compromesso che, per stessa ammissione di Stoltenberg, la NATO e gli USA avevano sprezzantemente rifiutato alla fine del 2021. Un accordo che, se raggiunto, avrebbe immediatamente determinato la cessazione delle ostilità. (3)
Ma gli Stati Uniti avevano ben altro in mente. Insieme alla Gran Bretagna si sono attivamente adoperati affinchè gli ucraini non sottoscrivessero alcun negoziato. Hanno sempre convinto Zelensky e il suo governo della necessità di continuare a combattere. Gli hanno promesso fiumi di moderni armamenti e miliardi a volontà, fino all’annientamento dell’odiata Russia.
L’Unione Europea e i suoi stati membri – tutte entità senza nerbo né spina dorsale -, privi di alcuna velleità di autonomia in politica estera, nello stesso modo supino già visto a proposito del Nord Stream, si sono accodati alle decisioni assunte a Washington.
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La continuazione della guerra, così veementemente ricercata e ottenuta dagli Usa, si è rivelata una trappola per Zelensky e, soprattutto, per l’Ucraina. Oltre la Crimea, la Russia ha conquistato quattro province. (Popolate da russofoni).
Pur non essendo formalmente uno stato alleato, i Paesi cobelligeranti hanno effettivamente mandato all’Ucraina fiumi di armi e di risorse finanziarie, nonché ‘volontari’ europei e americani. Nonostante un primo tentativo da parte ucraina – coronato da un limitato successo – di respingere le armate russe, Kiev ha dovuto subire l’amputazione di circa il 20% del territorio. Nonostante il Paese ucraino sia formalmente indipendente, è apparsa subito evidente la sua dipendenza in tutto e per tutto dai trasferimenti di risorse occidentali. Tanto più, man mano che saliva il livello di morte e di distruzione causati dallo scontro militare.
L’Ucraina, insomma, è stata ‘eletta’ luogo nel quale ‘misurare’ la capacità della potenza militare russa e fiaccarla fino all’annientamento. Una missione suicida, al quale Zelensky si è prestato sacrificando il suo popolo e per il quale non potrà mai pagare abbastanza.
Cercare di impedire il ritorno della Russia sulla scena internazionale delle potenze e cancellarla per molti anni a venire si è mostrato, però, più ostico del previsto.
A parte la gratitudine dei fabbricanti di armi e a parte il raggiungimento del fine di separare economicamente e diplomaticamente per molto tempo l’Europa dalla Russia, tutto il resto del programma americano è fallito clamorosamente.
La NATO ha preparato meticolosamente, per l’estate 2022, un’offensiva grazie alla quale un rinnovato esercito (sulla carta) ucraino doveva sbaragliare le difese russe e riportare i territori perduti sotto il controllo di Kiev. Anche questo piano degli Usa e della NATO è miserrimamente fallito. (4)
A questo punto, nonostante i flemmatici continui proclami occidentali all’opinione pubblica circa il sostegno senza limiti e ‘per tutto il tempo necessario’ (senza specificazioni) anche il flusso di attrezzature militari e soldi ha cominciato a essere messo in forse.
Il 6 dicembre 2023, Biden si è rivolto al Congresso americano. (6) Dispiegando il solito ipocrita armamentario incentrato sulla difesa della causa per la libertà, ha sollecitato le Camere ad approvare con urgenza l’ennesimo provvedimento di ‘aiuti’ all’Ucraina. (Altri 61 miliardi, oltre i 111 già forniti). “Non possiamo permettere che Putin vinca”, si è lamentato.
Avrà forse inconsciamente ammesso che, nonostante gli enormi sforzi occidentali sinora profusi affinchè la guerra andasse avanti, l’Ucraina non ha ottenuto alcun risultato militare significativo ed è sull’orlo della resa? Se così fosse, questo implicherebbe il totale fallimento della strategia americana. Un Paese destabilizzato, in macerie e sconfitto. Dove sono finiti gli straordinari e gloriosi risultati declamati per quasi due anni dalla propaganda NATO/occidentale? Mentendo, ha anche insinuato che, dopo l’Ucraina, Putin attaccherà altri Paesi della NATO, il che trascinerà le truppe americane direttamente in guerra. Un bieco espediente per incutere timore ai componenti del Congresso e indurli al voto favorevole. Il Senato americano ha comunque, in maggioranza, votato contro la proposta. Il duello proseguirà nell’immediato futuro.
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Ora, dopo quasi due anni di panzane propagandistiche e di celebrazione dell’eroismo ucraino, si fa spazio la paura di perdere la guerra della NATO contro la Russia. Un sentore ormai palpabile, sempre più difficile da occultare.
Gli ucraini avrebbero avuto successo perché difendevano le loro case e la loro libertà. Questo era il tenore delle fandonie propagandistiche che si sentivano. Neppure un ex ministro degli esteri della Repubblica italiana (Minniti) si peritava di risparmiare simili sciocchezze al pubblico televisivo.
Ma non avevamo ancora visto niente. Visto che gli Usa e la NATO (cioè sempre gli Usa) non volevano trattare né riconoscere alcun interesse russo, puntando solo alla disfatta della Russia, Putin ha lanciato una mobilitazione militare parziale e, a settembre 2022, ha annesso 4 province. Poi è iniziato un lento lavorio di logoramento, una vera smilitarizzazione dell’Ucraina, fino all’inutile citato tentativo di controffensiva di Zelensky.
Un esercito interamente addestrato e equipaggiato dalla NATO, su cui erano state riposte celebratissime speranze di vittoria e di annientamento della Russia, è stato sistematicamente sbaragliato. Le forze ucraine sono sempre più in fase di cedimento e lo stesso personaggio televisivo alla guida del Paese – da atteggiamenti apertamente trionfalistici – parla ormai di arroccamento sulla difensiva. Occorre salvare il salvabile. (Compreso il suo posto alla Presidenza, per cui le previste elezioni sono state rinviate a data da destinarsi).
Quando si poteva letteralmente salvare tutto, compresa l’integrità territoriale dell’Ucraina, non si è voluto trattare, certi di infliggere alla Russia una lezione valida per decenni.
L’azzardo non ha pagato. Icaro si è avvicinato troppo al sole.
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Improvvisamente, dopo averne consentito la devastazione e lo spopolamento dicendo no a qualsiasi trattativa, non si può fare a meno di ammettere che l’Ucraina è in difficoltà ed è al cento per cento dipendente per il suo mantenimento – non si tratta di semplici ‘aiuti’ – dai miliardi occidentali. Non si può vivere all’infinito in una realtà parallela.
I russi hanno sempre cercato di negoziare. Prima nel 2021, per non dover ricorrere all’invasione; poi iniziandola con forze relativamente scarse, nell’ottica di un veloce accordo.
E in effetti, come detto, già alla fine del febbraio 2022, le trattative sono iniziate e andate avanti. Per ben tre volte la Russia è stata disponibile a fermare le operazioni belliche facendo anche importanti concessioni, a patto che l’Ucraina rinunciasse alla NATO.
Ma gli Stati Uniti e la Gran Bretagna si sono frapposti, hanno voluto che la guerra continuasse perché dovevano ridurre la Russia in ginocchio e ottenere la sua sottomissione all’ordine unipolare a stelle e strisce.
Tutti i proclami sulla Russia in procinto di prostrarsi si sono rivelati ciò che sarebbero subito dovuti sembrare: pii desideri. Neppure le ‘regole’ sulle sanzioni, unilateralmente dettate dal vincitore della Guerra Fredda sono bastate. Il mondo si è rivelato più esteso di quello visto dal miliardo di abitanti occidentali.
L’occidente ha peccato di presunzione e di arroganza. Benvenuti nel mondo reale. Esso è cambiato, ma è arduo farsene una ragione.
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Il timore è la sconfitta della NATO, una batosta da esiziali conseguenze geopolitiche e internazionali. Per Biden e per la NATO, perdere questa guerra significa subire uno smacco dalle conseguenze incalcolabili. Biden piagnucola che, se Putin vince, attaccherà altri paesi della NATO. Ovviamente non è vero. È bassa propaganda, serve solo a convincere il Congresso. Dopo il ritiro dall’Afghanistan, perdere anche in Ucraina significa, per gli Usa, che la loro supremazia è seriamente a rischio. Se si promette a un paese di armarlo e condurlo alla vittoria, di finanziarlo fino a farne parte integrante del sistema dominante ma poi si fallisce e non si mantengono le promesse, allora si appare vulnerabili e si perde credibilità internazionale. Gli Usa corrono il rischio che nessun alleato potrà più fare affidamento sulla loro supremazia. La sconfitta significa perdere il controllo dell’ordine internazionale che, si vuole, sussistere unipolare.
Gli Usa e la NATO sono insomma sull’orlo di una crisi di nervi alla quale reagiscono continuando a rilanciare l’escalation e abbaiando contro la c.d dittatura russa, dipinta come dedita a crimini di guerra e bramosa di espansione.
Così, si parla ancora di entrata dell’Ucraina nell’Unione Europea (6) e, un giorno indefinito, nella NATO. Anche perché l’onere del finanziamento della guerra non può ricadere per intero sugli Usa.(7)
Bisogna tenere in piedi un’ostentazione di potenza, un qualche simulacro di immutato controllo della situazione. Si fondono finzione e speranza. La speranza è legata alla sopravvenienza di un evento miracoloso, che risolva in favore dell’Ucraina e della NATO la desolante situazione in cui la scommessa di sfidare la Russia le ha immesse.
Ogni ipotesi pacifica di trattativa è stata espunta dal campo delle possibilità, proprio per via dell’atteggiamento sprezzante, sleale e mendace delle potenze occidentali, È venuta meno la fiducia. La dirigenza di Mosca non può più prestare alcun credito alla parola, scritta o verbale che sia, che provenga dalla diplomazia degli Usa o dai Paesi della NATO. A Mosca si sa che, come è già successo in occasione degli accordi di Minsk, una tregua sarebbe utile solo alla NATO per avere il tempo di organizzarsi, riarmare l’Ucraina e riprendere il conflitto.
Il nuovo assetto dell’Ucraina dovrà scaturire dai risultati conseguiti da parte delle forze militari sul terreno. È un dramma per l’Ucraina, per gli Usa e per la NATO. Ma si tratta di una situazione senza uscita della quale gli stessi Stati Uniti – e i loro succubi alleati – sono responsabili.
NOTE
- Video of Biden Saying He’d ‘End’ Nord Stream Resurfaces After Pipeline Leak (newsweek.com)
- Senators say German chancellor backs Biden on Russia, Nord Stream 2 – Roll Call
- Russia Offered to End War if Ukraine Dropped NATO Bid: Kyiv Official (msn.com)
- In Ukraine, a war of incremental gains after counteroffensive stalls – The Washington Post
- Biden tells Congress that it can’t wait to pass aid for Ukraine as he tries jumpstart stalled negotiations | CNN Politics
- Ukraine is ready to start process of joining European Union, commission says | CNN
- EU aims to grant Ukraine aid even if Hungary vetoes it at coming summit | Reuters